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Le facce sono due ma la medaglia è una sola: la medaglia sono i Comuni italiani che mostrano la faccia degli adempimenti formali e quella dei processi reali come due percorsi troppo spesso distanti tra loro. Questo fa sì che anche strumenti operativi, che dovrebbero servire ai Comuni per svolgere al meglio le loro attività, diventino degli adempimenti burocratici, perdendo di vista l’utilità e il senso.

Le cause sono diverse, tra il sovraffollamento normativo e l’interpretazione organizzativa e individuale che viene data alle norme; fatto sta che uno strumento come il Documento Unico di Programmazione spesso viene costruito in stanze diverse da quelle in cui si concepisce e si struttura il Bilancio comunale e in luoghi ancora distanti da quelli in cui si osservano gli effetti delle azioni ideate e messe in campo dai decisori.

Per questo è particolarmente interessante l’esperimento in atto presso IFEL, coordinato dall’Università di Ancona. L’idea, che dal punto di vista logico, non fa una piega: è quella di far parlare tra loro due strumenti-chiave dell’azione comunale -cioè il Documento Unico di Programmazione e il Bilancio-  insieme ad un terzo strumento messo in campo da ISTAT che è il BES, un sistema di indicatori che descrivono il benessere di una comunità locale.

Il DUP, nell’idea del legislatore, è stato introdotto per presentare le strategie e le scelte operative dell’ente. Per questa ragione, DUP e Bilancio sono strettamente e formalmente collegati, molto spesso però la genesi dei due documenti è autonoma e il collegamento previsto dalla legge è definito ex post. Questo rende il DUP uno strumento poco adatto ad essere utilizzato come  il principale documento con cui l’amministrazione propone e verifica  le sue politiche e gli stakeholder le valutano.

Da qui l’idea di definire un percorso sperimentale che parta dal riconoscere nel DUP il principale documento con cui l’amministrazione propone e verifica  le sue politiche e gli stakeholder le valutano avvalendosi dello strumento messo a disposizione dal sistema di indicatori BES. La logica è questa: l’obiettivo strategico dei Comuni è quello di produrre benessere per il loro territorio e l’ISTAT ha sviluppato una serie di indicatori che provano a misurare i vari aspetti del benessere stesso, pur se non necessariamente a livello di disaggregazione comunale. Di conseguenza gli indicatori di benessere possono diventare una misura con cui i Comuni definiscono e descrivono gli effetti dei loro indirizzi e obiettivi strategici.

Per far questo occorre preliminarmente associare gli indicatori BES alle missioni che caratterizzano sia il DUP che il Bilancio, secondo la logica funzionale dei centri di costo. A questo ha risposto il gruppo dei Comuni coinvolti da IFEL durante la prima  fase della sperimentazione. Questa fase metterà in mano agli enti una lista di indicatori BES classificati per missioni sia per poter descrivere il contesto in cui opera il Comune, sia per suggerire come l’azione comunale può avere effetto sul benessere del territorio

L’obiettivo è però più ambizioso, dopo aver associato gli indicatori ai programmi, si vuole insieme ai Comuni   inserire nel DUP una matrice di programmazione strategica, uno strumento che espliciti le linee di azione strategiche in termini di benessere sul territorio e le connetta alle policy dell’ente. Tale strumento è utile sia per il monitoraggio interno, sia per il confronto con gli stakeholder.

E’ questa la seconda fase della sperimentazione che sarà avviata il 23 ottobre prossimo a Rimini all’interno dell’Assemblea di Anci.

#staytuned!

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